
Il mestiere di scrittore: che sorpresa!
Cosa vuol dire fare lo scrittore?
Questa è la domanda che ci siamo portati nel cuore prima dell’inizio dell’incontro con Davide Morosinotto.
Noi tutti ci aspettavamo che la sua testimonianza avrebbe solo rafforzato le nostre convinzioni, invece no, anzi, le ha smantellate una per una. Per prima cosa ci ha spiegato che lo scrittore non è un uomo che sta seduto su una sedia e semplicemente si mette a scrivere su un certo argomento, no, lo scrittore innanzitutto è un viaggiatore; infatti non si possono descrivere con esattezza i posti di cui si parla senza prima vederli. Un conto è sapere che la foresta amazzonica è enorme, un altro è sorvolarla per quattro ore con un aereo scoprendone la vastità e i colori, come ci ha raccontato Morosinotto.
A volte però non è possibile vedere le cose che si raccontano, perché troppo antiche, e a quel punto lo scrittore diventa uno studioso, sempre più alla ricerca di nuove notizie su quella civiltà e su quel posto. Poi Morosinotto ci ha fatto capire che la scrittura è un lavoro di allenamento e che funziona proprio come per i musicisti, a tal punto che ci ha detto questo proverbio: “Se non suono per un giorno me ne accorgo solo io, se non suono per due giorni se ne accorge anche l’orchestra, se non suono per tre se ne accorge pure il pubblico.” Lui scrive quindi tutti i giorni, almeno un paio d’ore al giorno, per tenersi in allenamento.
La scrittura poi è un lavoro di squadra; Morosinotto scrive solo le prime bozze dei libri, che poi passano da due editor, uno per la forma e lo stile, un altro per il contenuto; noi allora leggiamo magari la ventesima stesura di un romanzo, e meno male, perché grazie a queste correzioni il romanzo è più bello e scorrevole.
L’ultima cosa che mi ha colpito è che la scrittura è un lavoro fatto anche di fallimenti; l’autore ci ha raccontato che lui ha pubblicato più di ottanta romanzi, dei quali solo dieci sono particolarmente conosciuti, per non parlare di quelli mai stampati, rimasti solo nel suo portatile, che raggiungono cifre esorbitanti.
Questo è fare lo scrittore: puoi diventare famoso o meno, ma rimani sempre uno scrittore.
I libri anche poco conosciuti poi possono dare sollievo, conforto alle persone, per questo sono comunque speciali.
Caterina Fraulino
Morosinotto ha parlato di questioni che mi hanno colpito molto: inizialmente ha detto che il lavoro di scrittore è fatto anche di fallimenti, cioè molte volte si scrivono tanti libri, ma non vengono approvati o letti da nessuno, come è successo a lui. Comunque lui non si è mai abbattuto, ha continuato a fare il suo lavoro perché è bello, gli piace molto e si diverte. Questo mi ha stupito molto perché la maggior parte delle persone, compresa me, se non riesce a fare qualcosa al primo colpo molla, anche se magari è quello che ama fare.
Inoltre ho notato che, mentre ci parlava, gli brillavano gli occhi; si vede che ama proprio il suo lavoro, ne parla in modo molto fiero e dà tutto per farlo al meglio.
Margherita Baroni
La parte dell’incontro che mi è piaciuta di più è stata quando ha raccontato dei personaggi. Morosinotto ha incominciato a dire che, quando non sa come far continuare la storia, è come se i personaggi si muovessero da soli; inoltre ha detto che ogni volta, dopo aver finito un romanzo, gli sembra che i personaggi inventati della storia abbiano cominciato a far parte della sua vita. Questo pezzo mi ha colpito perché si capisce con quale cura tratta i personaggi delle storie, in generale i suoi libri, e come si immerge nel suo mondo da scrittore.
Caterina De Martinis
Morosinotto ci ha raccontato di come il gruppo lo aiuti nei momenti difficili, per esempio durante un blocco di scrittura, e di come il lavoro in squadra, soprattutto con gli editor, possa migliorare la storia. È esattamente come nel gioco del calcio: lo scrittore è come l’attaccante, segna il gol, ma senza il supporto di tutti i giocatori non si riesce ad arrivare alla vittoria, cioè alla pubblicazione di un bel libro.
Niccolò Silvestri
Di tutte le risposte che Morosinotto ci ha dato, una mi è rimasta molto in mente, ed è stato quando ci ha detto che per scrivere un romanzo o un racconto è fondamentale ragionare con la propria testa e non usare magari l’intelligenza artificiale. Mi ha colpito perché ognuno di noi ha qualcosa che lo distingue dagli altri, in questo caso il modo di scrivere, che lo rende unico, speciale. È per questo che scrivere un racconto fatto da te è diverso che scrivere con un’intelligenza artificiale.
Mattia Grimaldi