Scuola Secondaria di Primo Grado- Oggi le classi terze fanno una scuola diversa.
Cala l’oscurità, e ci si trova immersi nel buio carico di attesa che precede ogni spettacolo teatrale.
Un faro illumina la scena, e siamo in una camera da letto, eppure il titolo dello spettacolo era Iliade, ma dove sono allora le navi dei greci, la spianata di Troia e le famigerate mura della città alta?
Ben presto però lo spettatore si rende conto di essere in una stanza particolare, quella dell’illustre. Schliemann, l’archeologo che ha trovato i resti di Troia, dimostrando l’esistenza di quella città teatro nel mito della gloriosa e drammatica guerra decennale tra Greci e Troiani.
Un unico attore, una figura multiforme occupa la scena, e si lascia impossessare da una serie di personaggi, Ettore, Achille, Agamennone, Elena, ma non solo uomini, persino divinità. Ecco allora che una branda ribaltata diviene la muraglia costruita dai Greci a difesa delle navi, e i cuscini e i vestiti lanciati in aria altro non sono che i cadaveri dei nemici sbaragliati, l’attaccapanni adagiato a terra è lo Scamandro, il fiume che attraversa Troia. A teatro è possibile. Il pubblico complice si lascia trascinare nel turbinio dei fatti narrati nell’opera di Omero, e persino in quelli precedenti o posteriori che con essa hanno a che fare, come la gara della mela d’oro tra le dee Venere, Giunone e Minerva, o il celeberrimo episodio del cavallo di Troia.
Certo, non si può raccontare tutto, il copione per forza deve avere dei tagli, si devono fare delle scelte, e allora riviviamo il dramma di Achille dopo la morte del migliore amico Patroclo, o partecipiamo al lutto del vecchio padre Priamo, che muove a pietà il feroce Pelide chiedendo la restituzione del cadavere del figlio Ettore e arrivando a baciare la mano assassina dei suoi figli.
Non c’è Andromaca, che con il suo accorato pianto prova a trattenere il marito per salvarlo da una morte certa sul campo di battaglia, né ascoltiamo l’ambasciata ad Achille dei suoi compagni, eppure abbiamo la sensazione di ripercorrere comunque tutta l’intensità del poema omerico.
Tra le scene ci sono intervalli strani, moderni, in cui si assiste a uno show televisivo, lo Schliemann Show, che con ironia e vivacità ripropone indirettamente episodi inerenti alla narrazione. All’inizio ciò è straniante per lo spettatore, eppure ci è stata spiegata la ragione di questa scelta: i curatori dello spettacolo hanno voluto farci percepire il concetto di divinità dei Numi dell’Olimpo accostandolo alle modalità di vita dei divi di oggi, i nostri divi, quelli dello spettacolo, che noi chiamiamo con lo stesso termine che gli antichi usavano per gli Immortali abitatori del cielo. Senza dubbio, è una provocazione che fa riflettere.
Ogni tanto, durante la recitazione, cogliamo delle parole strane, degli anacronismi; prima si parla di lance, scudi, ma poi all’improvviso di bombe a mano o mitragliatrici, di certo non presenti nell’opera di Omero. Perché? L’attore, durante il dialogo con i ragazzi delle scuole dopo lo spettacolo, ha dato una ragione ben precisa: si voleva rendere l’idea dell’attualità del dramma della guerra, perché da quella di Troia, che fu forse la prima guerra narrata, i conflitti non si sono mai fermati, il mondo è andato avanti in una continua catena di avvenimenti violenti. L’uomo ha memoria del passato? E l’uomo di oggi può imparare dall’Iliade di Omero? Per i curatori dello spettacolo che abbiamo visto, per quell’attore che ha dato vita per più di un’ora ai volti di Omero e si è fatto aedo nei panni di Schliemann, per me, insegnante che ripropongo questo testo agli alunni nel 2019, la risposta è sì.
L’invidia e la prepotenza di Agamennone, lo struggimento di Elena, sposa infedele e causa di tanto dolore, il grido di disperazione di Achille di fronte al cadavere del compagno, la sua ira cieca, la sua ricerca smodata di vendetta per placare il senso di colpa, ma anche il sussulto del suo cuore di ferro davanti a un vecchio padre non ci sono estranei. Anche noi siamo un po’ così. E allora dentro a un teatro si accolgono anche una Giunone in occhiali da sole e boa viola attorno al collo, o un Apollo chitarrista che giudica cantando i fatti di guerra, si può assistere con piacere a una commistione di antico e moderno, perché la grandezza dell’epica non è andata perduta.
Classe 3^B