Scuola Primaria – Le quinte all’opera
Lunedì siamo stati al Teatro alla Scala di Milano e abbiamo assistito all’opera “L’elisir d’amore” di Gaetano Donizetti.
“… La Scala vista dall’esterno sembrava molto piccola, ma quando entravi…!
Il foyer rettangolare era tutto in marmo lucidato a specchio, sembrava nuovo, un lampadario carico di gocce di cristallo pendeva dal soffitto e maschere vestite di nero con un medaglione dorato al collo controllavano i biglietti.
Una scala, anch’essa di marmo, ci portava ai palchetti. Si entrava da una porta e poi, da lì, si poteva ammirare tutto il teatro. La platea era piena e i palchi gonfi di gente che parlava e salutava le persone negli altri palchi e in platea. Un immenso lampadario centrale con tante sfere illuminava tutto il teatro. Le sedie erano di velluto rosso e legno bianco dipinto accuratamente. Nei palchi più alti non c’erano né i muri divisori né le sedie. Al centro si poteva ammirare il Palco Reale. Da lì potevi vedere benissimo tutto il palcoscenico ed essendo più grande poteva contenere più persone…”
Emma
“… Una cosa che mi ha colpito molto è stato il travestimento. I costumi fatti con precisione, su misura e molto adatti alla persona che li indossava mi hanno davvero colpito. Soprattutto quello della servetta Giannetta è stato il più lussuoso. Esso aveva delle righe verticali nere, ocra e bianche, che lo facevano molto galante. … La canzone più bella per me è stata: Quant’è bella quant’è cara. Essa viene cantata da Nemorino che si rivolge ad Adina. Quest’aria ha una carezzevole melodia quasi una ninna nanna che mi ricorda i momenti di riposo… .”
Anna Carolina
“… avevo visto la Scala poche volte in fotografia, ma quando sono entrata… tantissime emozioni mi hanno colpita! …. L’opera però è stata la parte migliore…. Le voci dei soprani e dei contralti, dei protagonisti e dei personaggi secondari quelle mi hanno completamente folgorata. Tutti i motivi, le arie, dolci e tristi, allegre e frizzanti tutte mi coinvolgevano stupendamente. Uno dei cantanti che mi è più piaciuto è stato quello che impersonava Nemorino. Era bravo a recitare ma soprattutto a cantare, la sua potente voce, accompagnata dall’orchestra, mi rapiva e mi portava lì nella scena.
Ogni voce aveva un timbro e un tono diverso: quella acuta e tagliente, ma allo stesso tempo dolce di Adina, un po’ più “pulita” e forte ho trovato quella di Giannetta, quella grave e tonante di Belcore, o quella scherzosa di Dulcamara. Tutte avevano qualcosa in più, qualcosa che le rendeva speciali, ognuna a suo modo.
L’opera era molto particolare: subito dopo un’aria triste e disperata, ne veniva una gioconda e allegra, dopo una musica lenta e solenne, veniva una melodia spensierata. Ogni brano era stupendo, mi piacerebbe impararli, anche tutti, come mi piacerebbe, un giorno, cantare alla Scala.”
Angela
Le classi quinte