Desideriamo la pace. Diamole volti, i nostri. L’incontro con Antonino Masuri di AVSI
Antonino Masuri, originario della Sardegna che dal 2007 vive in Kenya, ha incontrato i ragazzi di seconda media per raccontare della sua esperienza umanitaria con AVSI.
“Che cos’è per voi la pace?”
Antonino ha iniziato l’incontro con questa domanda, e noi abbiamo dato risposte diverse: per qualcuno era stare bene con gli altri, per qualcun altro era porre fine all’odio, per un altro ancora era voler bene alle persone.
Masuri ci ha detto che se uno desidera la pace la sta già costruendo, e sta a noi decidere se scaldare la sedia o se cambiare il mondo, non importa se non sei perfetto, anche fisicamente.
Storie di ragazzi che costruiscono la pace
Antonino ce ne ha dato prova con la storia di Michael, un ragazzo keniano della baraccopoli di Nairobi, orfano di padre, con condizioni familiari povere. Un giorno, mentre batteva un chiodo, esso gli è entrato nell’occhio sinistro, danneggiandogli gravemente la cornea: la sua visione da quell’occhio è compromessa; nonostante questo è riuscito a dedicarsi molto allo studio, diventando il primo della scuola.
Un’altra testimonianza è stata quella di una ragazza, Irene, una ormai giovane donna che è stata abbandonata da piccolissima nella spazzatura, e che è stata trovata e salvata dai volontari di Avsi, che l’hanno fatta andare a scuola e le hanno dato una seconda possibilità, che ha sfruttato pienamente: ora ha fondato un’associazione che aiuta i bambini abbandonati come lei, fornendogli una casa e un’istruzione.
Infatti migliaia di bambini in Africa vorrebbero andare a scuola, e quanti ci vanno sono felici, perché molti non hanno niente e perciò sono grati di tutto, e anche perché quello è il luogo dove fanno il pasto migliore della giornata, dove sono al pulito, dove hanno dei vestiti, dove hanno una vita vera, lontano dagli slums.
Questo in parte grazie al sostegno a distanza; con esso si possono donare denaro e cure mediche gratuite: infatti i ragazzi sono spesso vittime di mancanza d’igiene e malasanità e l’età media in Kenya infatti è di 20 anni. Hanno ideato anche alcune soluzioni per limitare i costi dei consumi (pannelli solari, allevamento, coltivazione).
Un’altra testimonianza del fatto che i bambini africani adorino andare a scuola ce l’ha data Masuri raccontandoci la storia di Musa, un ragazzo molto intelligente, ma al quale era bruciata la casa all’età di 13 anni. La sua famiglia dunque aveva perso tutto, e lui non poteva più andare a scuola. Andò a far pascolare le sue tre capre, l’unica ricchezza che rimaneva alla sua famiglia, e un giorno si imbatté in un ghepardo, deciso a uccidere sia lui che le sue capre. Musa però non poteva permetterlo, e, dopo averci lottato, uccise il ghepardo, che funestava il suo villaggio da tempo. Grazie a questo riuscì a tornare a scuola, dove si dedicò allo studio: ora è preside di una scuola, la Barpello High School, dove studiano più di 500 ragazzi.
In conclusione dell’incontro, Antonino ci ha raccontato la storia di Savamba, un ragazzo congolese che va a scuola grazie al sostegno a distanza di Avsi; quando è stato avvicinato da alcuni suoi “amici”, gli è stato proposto di andare a fare la pace usando il kalashnikov. Lui ha risposto loro che la pace lui la costruiva andando a scuola con Avsi. “Gli amici sono quelli che hanno a cuore il tuo destino”, questo ci ha ricordato Masuri, per questo Savamba ha deciso, anche davanti a quella richiesta, di continuare ad andare a scuola, perché la pace si può fare anche attraverso le piccole cose.
Scritto da Irene Calvo e Riccardo Giani 2°B