I ragazzi di terza media tra i carcerati di Padova, dove si è guardati e non solo visti
“Fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e canoscenza”
Questo pezzo dell’orazion picciola dell’Ulisse di Dante ci ha accompagnati durante la nostra uscita didattica a Padova e a Trieste: un’opportunità di convivenza con i nostri compagni e professori e di scoperta di nuovi aspetti della realtà.
Ci siamo immersi nella cultura ebraica visitando la sinagoga di Trieste, ma abbiamo anche scoperto come questo popolo venisse perseguitato durante la nostra visita alla risiera di San Sabba; abbiamo realizzato che l’arte non è solo opera dell’uomo, come la Cappella degli Scrovegni, ma può anche crearsi grazie alla natura nel corso dei millenni, un esempio di ciò è la Grotta Gigante.
La Cooperativa Giotto nel Carcere di Padova: ripartire dai propri sbagli
Tra tutto quello che abbiamo incontrato, l’esperienza che più ci è rimasta impressa sono state le testimonianze dei carcerati che lavorano nella Cooperativa Giotto di Padova.
Marzio, Giancarlo e Domenico ci hanno dimostrato come non tutti i detenuti siano condannati a vivere un’esistenza misera e abbruttita, e come gli errori da loro commessi non li definiscano più. Infatti, come un’anima può pentirsi anche solo con una lacrima nell’istante prima di morire, ogni uomo può ripartire dai propri sbagli.
Dalle parole di questi uomini abbiamo imparato che nella Cooperativa Giotto viene riconosciuto l’errore altrui, che non scompare, ma ti viene data la possibilità di essere “guardato” e non semplicemente “visto”. Ci ha colpito come l’idea che avevamo dei carcerati, i nostri pregiudizi, non rispecchiassero la realtà che ci si mostrava, erano infatti persone come noi e non uomini trasandati, abbandonati a loro stessi. Questo è dovuto al fatto che la Cooperativa Giotto, attraverso l’opportunità di studio e lavoro che aveva offerto loro, aveva ridato a queste persone la dignità che pensavano di aver perso una volta entrati in carcere. Attraverso il lavoro si sono create anche diverse amicizie tra i vari carcerati, rapporti privi di interessi e quindi basati sul bisogno di non rimanere soli e di avere qualcuno su cui contare.
L’amicizia è come un’àncora per vivere in modo autentico
Infatti, nella solitudine si è più esposti all’errore, perché la situazione in cui ti trovi ti obbliga a vedere le cose in modo superficiale, mentre gli amici ti aiutano a porti domande e a chiederti il significato delle cose e quindi possono aiutarti ad affrontare la realtà in modo autentico. La compagnia è come un’ancora che ti trattiene dal commettere atti precipitosi: come gli uomini di Ulisse che gli hanno impedito di cedere alla tentazione del canto delle sirene affinché non si dirigesse verso qualcosa di ignoto e pericoloso. Per questo il male ci appare più semplice da compiere del bene: esso è come un sassolino al quale basta una piccola spinta per rotolare giù da una montagna e prendere velocità, travolgendo qualsiasi cosa si trovi sul suo cammino. Non ci fa fare fatica, ma la soddisfazione che si prova alla fine risulta poi essere provvisoria. Il bene, invece, può essere paragonato ad una camminata in montagna, la quale ti dà una grande soddisfazione una volta giunti in cima; nonostante sia più impegnativo, il percorso fatto per giungere fino lì è appagante.
Questo incontro è stato per noi un’occasione di abbattere i nostri pregiudizi riguardo a ciò che non conoscevamo e di ammirare il coraggio di questi uomini che si sono aperti a degli sconosciuti rivelando aspetti della loro vita travagliata, che poi è stata resa migliore dalla Cooperativa Giotto. È stata anche un’opportunità per avvicinarci ad un mondo che non ritenevamo vicino a noi, non facendone parte, e che ci ha dato un nuovo sguardo su una tematica spesso presente nella nostra vita, come può essere l’amicizia.
Letizia Cheodarci, Claudia Gallizioli, Angela Sarno, Maddalena Valentini, classe 3B