Il mestiere di scrittore: le terze medie incontrano Luigi Ballerini
Come scrive i suoi libri? Pensa prima ai personaggi o alla trama? Scrive di getto? Sa già il finale?
Quali sono i libri che la hanno formata come scrittore? Scrivendo ha imparato qualcosa sulla vita?
Quali sono le emozioni che si provano quando esce un nuovo libro?
L’incontro delle terze medie con Luigi Ballerini, scrittore per ragazzi, saggista, giornalista e medico, con all’attivo oltre 30 romanzi e numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali, ha suscitato nei ragazzi un fiume di domande sull’esperienza della scrittura e sul romanzo “Imperfetti”, che hanno letto durante l’estate e che è stato ripreso in classe nelle prime settimane di scuola.
Un’occasione straordinaria per i ragazzi, che grazie a Ballerini hanno scoperto tanti aspetti del mestiere di scrittore: come avviene l’ispirazione creativa, in cosa consiste il processo di stesura di un libro e la sua correzione, la figura dell’editor, ecc.
Ma anche un lavoro di approfondimento sul romanzo letto insieme all’autore: i personaggi, le tematiche, il finale, il legame dei temi trattati nel romanzo con la società contemporanea, il genere distopico, ecc., che ha suscitato nuove domande:
Con quale criterio ha scelto i personaggi? Quale tra i tre personaggi principali la rispecchia di più?
Per descrivere il Sistema si è ispirato a qualche aspetto della nostra società? Si aspetta che tra qualche anno il mondo sarà come lei ha descritto il Sistema?
Perché ha lasciato così aperto il finale? Che cosa sarebbe successo se avesse continuato la storia?
Alcuni hanno raccolto la sfida lanciata da Ballerini in un video, e hanno provato a scrivere il finale del romanzo Imperfetti.
Un momento che ha lasciato un segno in molti, colpiti da alcune riflessioni di Ballerini, che raccontando del processo di scrittura – dall’ispirazione alla correzione – ha aiutato i ragazzi a capire di più se stessi e a stupirsi delle cose.
UN INCONTRO ALLA SCOPERTA DI ME
“In terza media siete ragazzi grandi”, questa è stata una delle prime frasi che ci ha detto Luigi Ballerini quando è venuto a incontrarci. Ed è proprio così che ci ha trattati: da grandi.
Ci ha detto molte cose interessanti che mi hanno colpito molto, ma ce ne sono due in particolare che mi hanno fatto riflettere.
La prima è stata che ci ha messo sei mesi per scrivere “Imperfetti”, ma un anno per correggerlo. Le correzioni richiedono molto tempo, perché il libro possa essere scritto nella maniera più scorrevole e interessante possibile. In questo modo le idee dello scrittore possono passare nel migliore dei modi al lettore che così può capire esattamente ciò che l’autore voleva dire. Mi sono accorta che ciò che ha detto è vero, anche perché ho pensato che le correzioni non vengono fatte solo nell’ambito scolastico, ma, per quanto mi riguarda, anche in ambito sportivo o in famiglia. Le correzioni non devono darci fastidio, anche se a volte, soprattutto quando si va fieri di qualcosa che si è scritto o fatto, può capitare. Esse possono aiutarci a vivere meglio e a imparare cose sempre nuove e si è anche più felici se seguiamo veramente ciò che ci viene fatto notare.
Il secondo passaggio dello scrittore che mi ha colpito molto è stato quando ha detto che copiare da altre storie non vuol dire non essere originali. Essere originali, infatti, vuol dire saper dire o fare qualcosa come solo tu sai fare. Ballerini ci ha infatti detto che alla fine tutte le storie trattano più o meno le stesse tematiche, l’amore, l’odio, la vendetta, la fatica, la gloria e altri aspetti umani, ma che ogni storia, film o libro può essere originale. Ha detto che “questo tipo di copiare è un bel copiare” e che per ispirarci dobbiamo vivere. Dobbiamo fare un giro in bici, guardarci attorno, guardare la nostra vita, perché non è che guardando un tramonto, all’improvviso, mi viene da scrivere una poesia sull’amore. Mi ha stupito questo aspetto perché prima pensavo esattamente il contrario: pensavo che per essere originali ci si dovesse inventare chissà che cosa, per essere ispirati bisognasse stare fermi a pensare. Invece grazie a lui ho capito che non è così, che devo guardarmi in azione, devo stupirmi, anche delle piccole cose che considero banali e che, invece, hanno un enorme significato dietro. (Caterina Alberto)
LA POTENZA DELLE STORIE
Da sempre le storie fanno ridere, piangere, appassionare l’uomo. Da sempre le storie sono l’uomo. Perché le storie ci conquistano tanto?
Tutto è cominciato in una grotta scura e umida, rischiarata soltanto dalla guizzante luce di un fuoco; chissà se all’esterno balenavano i lampi o se la luna placida dormiva sul firmamento argentato. Uno sconosciuto indicando qualcosa disse…
Ancora oggi, circa trecentomila anni dopo, la magia delle parole riesce a travolgere l’uomo toccando le sue più recondite corde: come si diventa custodi di esse, come si diventa scrittori? Questa è una delle tante domande che abbiamo posto a Luigi Ballerini, psicoanalista residente a Milano che da un po’ di anni ha cominciato a dedicarsi alla scrittura per ragazzi con libri che hanno riscosso successo tra il pubblico; durante l’incontro con noi ragazzi di terza non abbiamo parlato solo del suo libro (Im)perfetti, ma anche di consigli, spunti e trucchetti del mestiere misterioso dello scrivere.
Innanzitutto, la scrittura è un lavoro strano, bizzarro: è uno dei pochi lavori senza una linea marcata tra passione e lavoro, in cui non sei tu a decidere completamente come muoverti, ma un qualcuno che legge il tuo racconto e decide se quell’ammasso di fogli potrà diventare, un giorno, un vero e proprio libro.
Questa persona misteriosa, dietro le quinte, come ci ha spiegato Luigi Ballerini, è chiamata editor, e il suo mestiere è far splendere il suo scrittore senza mai far apparire visibilmente il suo lavoro; mi rifaccio ad una frase di Stephen King e ad un’altra di Flannery O’Connor citate durante l’incontro:
“Scrivere è umano, editare è divino”
“Correggere è estirpare le erbacce in un campo di fiori perché la sua bellezza risplenda”
Ciò che nella realtà di tutti i giorni ci può sembrare una cosa irritante per un autore, per quanto grande o famoso sia, è la cosa migliore che ci possa essere, venire corretti in una relazione di dialogo con un tuo pari che sa frenarti nei momenti giusti: perché lo scopo ultimo non è dimostrare ai lettori la tua abilità con le parole, ma far sì che l’altro capisca, rivolgendosi a lui come a un amico a cui portare rispetto.
Un libro, infatti, lo scriviamo a metà noi lettori a seconda dello stato d’animo con cui lo affrontiamo, sottolineando inconsciamente delle parti o spezzoni che rimanendoci in testa creeranno un punto di vista unico sulle tematiche trattate; ognuno ha il diritto di interpretare il messaggio a seconda di che cosa riesce a parlare al suo cuore.
Per scrivere un libro bisogna partire necessariamente da un’idea iniziale; ecco, da dove viene l’ispirazione, quella scintilla che gettandosi sulla paglia secca in attesa scatenerà una grande vampata di idee? Essa non giunge stando con le mani in mano, aspettando un’illuminazione che non verrà mai, ma semplicemente vivendo, cercando di isolare l’essenziale dalla corrente inesorabile e caotica del nostro mondo che trascina ogni cosa con sé, inutile o inestimabile che sia.
Giocare tutto il giorno ai videogame, per quanto divertente possa essere, ti lascia la mente svuotata, e la tua giornata è stata spesa senza ulteriori passi di scoperta nei confronti di te stesso e del mondo intorno a te.
Scoprire, che grande parola. Anche attraverso la scrittura è possibile scoprire nuovi aspetti della tua identità: mettendo la tua parte più crudele e vendicativa in personaggi negativi, quella malinconica e nostalgica in quelli più romantici…
E così, non identificandosi solo in una persona, ma in tante, componi un mosaico variegato e inimitabile, sempre incompleto, sempre aperto a qualcosa di più grande. (Luigi Cafferini)