“La famiglia più bella del mondo…è la mia”: in dialogo con Silvio Cattarina
Lo scorso 19 gennaio si è svolto il primo dei tre incontri (che è possibile ascoltare sul podcast della Fondazione Mandelli Rodari al link in fondo a questo articolo) che l’Associazione Genitori e la Fondazione Mandelli Rodari propongono per questo nuovo anno con Silvio Cattarina, psicologo, sociologo, educatore, fondatore della comunità L’imprevisto.
Con la sua strabordante umanità, Cattarina ci ha aiutato a capire con più apertura e profondità il nostro compito di educatori, sfidandoci già con il titolo di questo primo incontro, “La famiglia più bella del mondo è…la mia”: un’affermazione in cui tanti di noi faticano a riconoscersi, gravati dal dubbio di poter fare meglio…
Desiderare ciò che c’è
A questo dubbio Cattarina ha risposto citando il dialogo tra Dante e Piccarda Donati nel Canto III del Paradiso: il Paradiso, spiega Piccarda a Dante, è un grande desiderio di quello che c’è*.
In una società sempre più segnata dalla povertà educativa e relazionale – ha notato Cattarina – i ragazzi sono dominati da una sfiducia di fondo: pensano che la vita non sia bella, che tutto sia male. Ma il loro cuore sa che non è così, anche se il mondo dice il contrario. Il bene è sempre più grande di qualsiasi altro male, ma noi adulti dobbiamo dirlo, dobbiamo saper gridare loro che la vita è bella, che vale la pena di essere vissuta.
Occorre guardare al presente, perché se nel presente non c’è un grande scopo, un’avventura, un ideale, non si riesce a capire che vale la pena. E la prima cosa per cui vale la pena vivere sono io, il fatto che io ci sono. Per questo la famiglia più bella del mondo è la mia.
L’attesa nel cuore: una grande promessa
Noi adulti – ha continuato Cattarina – dobbiamo lavorare sul valore della persona e sulla realtà, che è piena di cose buone, sovrabbondante di persone, di incontri, di presenza. Dobbiamo aiutare i ragazzi a guardare questo volto e ad accorgersi di essere guardati, perché la vita è una chiamata. Si viene al mondo con una grande promessa, con un’attesa nel cuore, ma senza nessuno, genitori, insegnanti e sacerdoti, che ti dica cos’è questa attesa e chi te l’ha data, non si può vivere.
Guarda dove guardo io
Il primo interesse dei genitori non devono essere i figli ma la vita, il proprio cuore, la ricerca del motivo per cui stare al mondo. I figli devono vedere che noi genitori siamo vivi, e allora anche le divergenze passano in secondo piano.
Perché quello che ci diamo tra marito e moglie non è nostro: occorre desiderare una cosa più grande a cui guardare, così da poter direi ai ragazzi: Non guardate me, guardate dove io guardo, che è molto più responsabilizzante e interessante.
La vita non risulterà mai sconfitta, anche se noi non lo crediamo. E Dio non tradirà mai se stesso, non verrà mai meno. Noi adulti dobbiamo dire ai ragazzi che c’è un fuoco sempre acceso, vedrete se non lo vogliono anche loro! Che la vita c’è, non è un nostro sforzo, altrimenti ci si stanca, si sfiorisce, finisce l’affetto.
Indirizzare il desiderio di un bene
Un fuoco sempre acceso che ha infiammato anche la vita di Lorenzo, un giovane universitario ospitato per due anni nella comunità L’imprevisto per problemi di tossicodipendenza.
In comunità – ha raccontato Lorenzo – ho capito che il male che ho fatto altro non era che il grandissimo desiderio di bene che ho sempre avuto nel cuore, fin da piccolo, e che Silvio mi ha aiutato ad indirizzare: guardando dove lui guardava mi sono appassionato alla vita, anche nelle cose semplici, come rifare bene il letto perché qualcuno te lo chiede e guarda come lo fai.
La libertà è dire sì
Quando un ragazzo sceglie di fare cose sbagliate – ha sottolineato Cattarina rispondendo alla domanda di un genitore – quella non è libertà: l’uomo è totalmente libero di dire sì, può dire solo sì, aderire al bene, e aderire al male non è libertà.
Ciò che facciamo porterà frutto
Dobbiamo fare meno, ma creder di più – ha esortato Cattarina – perché la nostra parola ha un valore eterno, noi parliamo nel nome di Dio. Quando mia mamma mi diceva così io mi sentivo il mondo nelle mani: la forza non è tua, ti viene da un Altro.
Anche quando le famiglie hanno problemi bisogna sempre partire dalla positività, perché Dio opera sempre. Dobbiamo seminare – ha concluso Cattarina – perché tutto quello che facciamo porterà frutto. Il dolore è una prova, è un’opportunità, una chiamata a una cosa grande.
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