La guerra, la pandemia e la mia vita: il tema di un ragazzo di terza media
Al termine del percorso di lettura di alcuni romanzi e poesie di autori che hanno vissuto la tragica esperienza della Prima guerra mondiale, un nostro alunno ha sorpreso un legame profondo tra l’esperienza di questi uomini e quello che sta vivendo in questo difficile tempo di pandemia. Ecco il suo tema scritto in classe:
La Guerra é un’esperienza dura e drammatica, che lascia segni indelebili nel cuore dell’uomo. É possibile cha affiorino momenti di umanità anche in questa circostanza? Rispondi a questa domanda ripercorrendo i testi che abbiamo letto in classe.
Il 28 giungo 1914 Gavrilo Princip sparò a Francesco Ferdinando, l’erede al trono d’Austria, causando la prima guerra mondiale e condannando una generazione ad essere devastata dalla guerra non solo fisicamente.
Infatti è così che Remarque, nel suo romanzo Niente di nuovo sul fronte occidentale, ci presenta la guerra per la prima volta: qualcosa di orribile, tanto che arriva a scrivere che la sua generazione, anche se sfuggì alle granate, venne distrutta dalla guerra. Leggendo queste parole potrebbe sorgere un dubbio: com’è possibile che i soldati, sopravvissuti allo scoppio delle granate, siano comunque rimasti devastati dalla guerra? È possibile perché la distruzione di cui parla Remarque è una distruzione psicologica che non ha a che fare con ferite da proiettili, morte o mutilazioni, ma riguarda la testa e quello che questa guerra ha lasciato dentro i soldati, cicatrici invisibili ad occhio nudo, comprensibili solo con l’esperienza, solo vivendo un’esperienza drammatica come la guerra. Viene in mente ad esempio, il generale Leone che, assalito dalla pazzia causatagli dalla guerra, si espone fuori dalla trincea mettendo in pericolo la sua vita e poi quella di un caporale che viene obbligato ad esporsi alla mercé dei tiratori austriaci.
Nonostante ciò, abbiamo visto alcune situazioni in cui la ragione e lo spirito riescono a prevalere sull’ambiente circostante. Parlo di ragione riferendomi a Emilio Lussu, che alla sola vista di una sigaretta, compie un’azione folle ed inaspettata, viste le circostanze, e trasforma il movimento inumano e meccanico del prendere il fucile e sparare, in un movimento ragionato e più umano. Nel suo libro Un anno sull’altipiano, Lussu racconta questo episodio. Un giorno, durante un appostamento, vede un gruppo di soldati austriaci che, dopo aver preso il caffè, si raggruppano attorno ad un ufficiale. Subito l’autore prende meccanicamente il fucile del suo compagno per porre fine alla vita del nemico, ma quest’ultimo estrae una sigaretta ed inizia a fumare. Un semplice gesto, che uccide migliaia di persone, ha salvato la vita ad un uomo. Quella sigaretta aveva creato un rapporto tra i due, esattamente come l’ospitalità data e ricevuta dai loro avi aveva creato un rapporto tra Glauco e Diomede e li aveva spinti a deporre le armi (Iliade, libro VI). La stessa cosa che accade a Lussu che depone l’arma decidendo di risparmiare l’ufficiale austriaco.
Precedentemente ho parlato dello spirito umano che prevale sulla guerra, l’ho fatto pensando a Giuseppe Ungaretti, pensando a come egli abbia conservato la memoria dei morti nel suo cuore, dando loro la tomba che mai avrebbero avuto sul campo di battaglia, concedendo loro una sepoltura non fisica ma emotiva. Tutte le emozioni che avevano lasciato dentro il poeta sarebbero rimaste lí per sempre (si veda la poesia San Martino del Carso). La parola spirito di addice perfettamente a Ungaretti, perché è il suo forte spirito che gli permette di reagire in modo insolito alla guerra, scrivendo lettere d’amore nonostante la presenza di un cadavere; chiamando fratelli dei nemici e rischiando così la vita ribellandosi alla ideologia della guerra. Ungaretti fa tutto questo perché il suo spirito reagisce cosí, non é una reazione normale, perché chi si sognerebbe di scrivere lettere d’amore in guerra specialmente con un cadavere a fianco come racconta nella poesie Veglia? Chi si sognerebbe di chiamare fratello un nemico che puó prenderla bene e quindi reagire come alla tregua di Natale, o prenderla male e quindi togliere la vita al poeta? Le reazioni istintive di Ungaretti mettono in pericolo la sua vita, ma é proprio grazie a queste reazioni che lui si sente vivo e attaccato alla vita.
Personalmente mi sento molto vicino alla situazione drammatica della guerra, perché questa pandemia mondiale ha attaccato più di una generazione, ma probabilmente quella più danneggiata é la nostra. Alcuni di noi sono sfuggiti alla granata lanciatagli dall’universo, altri sono stati colpiti, ma solamente feriti, altri, invece, sono morti. Io per fortuna appartengo ancora alla prima categoria di persone, la granata non mi ha ancora colpito, ma già sento dei cambiamenti causati dalle granate che hanno colpito altri. Questa situazione sta alterando le mie normali reazioni alle cose, sta modificando il mio modo di essere, mi sta distruggendo nonostante io stia evitando tutte le granate.
Mi sento molto vicino anche ad Ungaretti, perché come lui sono riuscito ad attaccarmi a cose a cui non mi ero mai attaccato prima, a cose che prima avevo sempre considerato banali: la scuola, lo sport, gli amici, la famiglia. Tutto ciò che prima costituiva la mia monotonia é diventato un privilegio, é diventata un’occasione speciale da non perdersi per nessuna ragione. Andare a scuola é un’occasione speciale, allenarmi é un’occasione speciale, passare del tempo con gli amici e con la famiglia é un’occasione speciale. Ogni cosa che prima ritenevo banale o normale ora la ritengo una cosa speciale, che per fortuna mi é capitata.
Sinceramente non credo di avere la forza di volontà o un istinto come quello di Ungaretti o di Lussu, perché al loro posto mi sarei comportato in modo molto differente, infatti avrei sparato all’ufficiale, non avrei scritto lettere piene d’amore, non avrei parlato a soldati sconosciuti. Però leggere questi testi mi fa dire una cosa che non avrei mai creduto di dire: GRAZIE, grazie alla pandemia che mi ha cambiato, grazie perché mi ha reso più devoto alla vita, mi sento più attaccato a tutto ciò che ho la fortuna di avere.
Non auguro a nessuno di vivere questa terribile esperienza, anche se sono grato di averla vissuta. Spero che leggendo questo testo si possa capire ciò che io ho dentro e ciò che la pandemia a la lettura dei testi hanno lasciato dentro di me: cicatrici invisibili causate da granate invisibili che però mi hanno fatto attaccare di più alla vita.
Andrea 3C