La speranza in Siria. L’incontro dei ragazzi con l’Associazione Pro Terra Sancta
Può esistere la speranza in un paese come la Siria?
È questa la domanda che mi è sorta dopo l’incontro con Andrea Avveduto, scrittore e dipendente dell’associazione Pro Terra Sancta, che noi ragazzi di terza media abbiamo avuto l’occasione di incontrare pochi giorni fa.
Egli lavora appunto in zone come la Siria, la Turchia, Israele (…) poiché questa parte di Medio Oriente sta vivendo un periodo difficile e necessita spesso dell’aiuto di persone come Andrea. Egli ha iniziato mostrandoci la foto di una strada con ai lati montagne di macerie, alcune nascoste dall’erba, altre nel loro grigio più triste. Questa foto, che egli ha scattato in Siria, va metaforicamente a riassumere il ruolo importante che la guerra, oramai scoppiata da dodici anni, e il terremoto, che poco fa ha colpito questa parte di mondo, hanno su questo paese.
“Così non posso più vivere”: l’origine della guerra in Siria
In Siria infatti un duro conflitto rende difficoltosa la vita della popolazione ogni giorno. La causa principale di questa sanguinosa guerra è stato il fatto che la popolazione era soffocata da un duro regime totalitario, quello di Assad, e, avendo bisogno di ossigeno, ha deciso di rivoltarsi ed iniziare una guerra civile, che oggi si è trasformata in un conflitto di interesse tra le grandi potenze mondiali. La scintilla di tutto però è stata la storia di Mohamed Bouazizi, ragazzo tunisino, costretto dalle sue condizioni economiche a fare il venditore ambulante, che dopo l’ennesima umiliazione da parte della polizia decise di darsi fuoco per poi morire pochi giorni dopo pronunciando la famosa frase: “Così non posso più vivere”. Questa frase fu una scintilla che accese le “primavere arabe”, ovvero delle rivoluzioni in vari paesi del nord Africa e del Medio Oriente contro i regimi dittatoriali che opprimevano le popolazioni di queste zone. Le rivolte così arrivarono appunto anche in Siria, ma il regime non riuscì a sopprimerle e per questo iniziò una guerra che ancora ai giorni nostri, per motivi politici, va avanti.
Il terremoto del 6 febbraio 2023
Alla guerra, che causa ed ha causato bombardamenti, morti e distruzione, si aggiunge il terremoto che ha da poco colpito il paese e che lo ha messo ancora più in ginocchio di prima. Le persone sono senza case, senza lavoro, senza soldi a causa dell’inflazione, senza beni primari e senza scuole, ospedali. Dentro alla tragedia della guerra e del terremoto però c’è ancora speranza, la gente sorride, i bambini vogliono andare a scuola e si attaccano anche alle più semplici cose, facendole diventare diamanti preziosi, poiché non hanno niente. La guerra però purtroppo non finisce perché ogni stato vuole un suo pezzo del paese, perché la pace si trova a partire da qualcosa di più grande della propria idea, come il bene della gente; la guerra la vincono gli eserciti ma la vera vittoria è un’altra questione.
Segni di speranza
Riprendendo però la domanda iniziale, la risposta è che parlare di speranza è difficile, ma quello che cambia queste persone è proprio la speranza. È speranza l’iniziativa del “pulmino della vita” che cerca di insegnare ai bambini della periferia di Aleppo le basi dell’istruzione, perché quando dilaga l’ignoranza, ci si attacca a quello che ci viene dato, che magari è qualcosa di sbagliato, poiché non si ha nulla, e il rischio è che i giovani si facciano trascinare dagli estremisti.
La speranza c’è, e questo mi stupisce: un ragazzo della mia età in Siria ha i miei stessi desideri, magari anche più semplici, poiché noi siamo fortunati e abbiamo anche troppo, e riesce a sperare anche in una situazione dove la speranza o la felicità sono difficili da trovare. Il mondo è più grande delle nostre quattro mura, e sono grato di aver avuto l’opportunità di sentire la testimonianza di un uomo che ha vissuto sulla sua pelle ciò che ci ha raccontato.
Nicola Renesto