Lavarsi o fare un aperitivo con la scienza: I saponi e le reazioni chimiche in seconda media
Le origini del sapone
Le origini del sapone risalirebbero ai Babilonesi intorno al 2800 a.C. Il sapone nei secoli è stato utilizzato per lavare la lana nell’industria tessile, per curare piaghe e malattie della pelle, per tingere i capelli e come unguento.
Il sapone deterge rendendo solubili sostanze che sono insolubili, come piccoli batteri, sporcizia, sostanze grasse. E poi l’acqua le porta via.
Come si fa il sapone?
Cosa ci è servito per realizzare un sapone: 1kg di olio d’oliva, 128g di soda caustica (NaOH), 300g di acqua.
Abbiamo imparato che il sapone è composto da una ‘testa’ idrofila e da una ‘coda’ idrofoba.
In questo esperimento la sostanza idrofila è la soda caustica, che si scioglie bene in acqua, mentre la sostanza idrofoba è l’olio, che al contrario non si scioglie bene in acqua; infatti, contiene i trigliceridi che sono molecole formate da tre code di acidi grassi.
Per prima cosa abbiamo pesato le tre sostanze, poi abbiamo versato la soda caustica nell’acqua (la soluzione si scalda), l’abbiamo mischiata finché non è tornata trasparente. Poi abbiamo versato la soluzione di soda nell’olio e mischiato con il frullatore ad immersione fino a raggiungere una consistenza cremosa.
All’inizio si è formato solo un miscuglio, poi dando calore ed energia è avvenuta una reazione chimica, in cui le code dei trigliceridi si sono separate e ognuna si è unita al sodio della soda.
Infine abbiamo versato la miscela così ottenuta nello stampo, ricoperto di carta forno, e l’abbiamo lasciato riposare al caldo per 24 h. Dopo averlo tolto dallo stampo e tagliato l’abbiamo lasciato per un mese in un posto fresco e asciutto per eliminare tutta la soda. Finalmente dopo un mese ognuno di noi ha portato a casa il suo pezzo di sapone pronto per essere utilizzato!
Curiosità
La maggior parte dei saponi commerciali, soprattutto quelli liquidi, non sono vero sapone, ma una combinazione di detergenti chimici, agenti di schiumatura artificiali e sostanze chimiche; quindi, attenzione all’etichetta!
Fare questo esperimento ci è piaciuto molto perché pensavamo che dietro alla lavorazione di un sapone ci fossero tantissime cose complesse, invece siamo riusciti a farlo noi e ci siamo accorti che non era difficile. Ci è piaciuto perché quando scopriamo nuove cose sulla scienza ci piace vederle e farle concretamente e non solo studiarle. Fare questo sapone ci ha permesso infatti di capire bene la differenza tra miscuglio e composto!
La sferificazione: una vera magia!
La sferificazione è una tecnica culinaria spettacolare messa in pratica per la prima volta nel 2003 da uno chef spagnolo, che permette di elaborare ricette mai immaginate prima.
In laboratorio abbiamo imparato questa tecnica quando studiando l’apparato digerente abbiamo incontrato i polisaccaridi, che sono lunghe catene di zuccheri.
Imitando i grandi chef
Per fare questo esperimento abbiamo usato 2g di alginato di sodio, appunto un polisaccaride, 1g di calcio cloruro e 350 ml di acqua. Sia l’arginato di sodio che il calcio cloruro si trovano tranquillamente in farmacia.
Innanzitutto abbiamo sciolto il calcio cloruro in 100 ml di acqua, e l’alginato di sodio in 250 ml di acqua, in cui avevamo messo un colorante alimentare. Si chiama alginato di sodio proprio perché il polisaccaride è legato a un atomo di sodio.
Il nostro compito è stato proprio quello di sostituire il sodio con il calcio, gocciolando l’alginato nella soluzione di calcio cloruro. Siccome il calcio fa due legami, un legame lo prenderà l’alginato, formando quindi una rete dove le molecole di acqua vengono intrappolate.
Al termine del processo infatti abbiamo osservato e assaggiato delle sfere, al loro interno liquide.
Aggiungendo a questi ingredienti altri ingredienti liquidi, come il succo di frutta o la coca-cola, si possono creare gustose bevande… da mangiare, quindi sferificate!
Ci è molto piaciuto fare questo esperimento perché è stato molto divertente e ci siamo stupiti molto del fatto che poche sostanze mischiate posso tasformarsi in delle sfere che però all’ interno sono liquide e per di più commestibili.
Di: Federica Castellani e Maddalena Danesi 2 D