Scuola Secondaria di Primo Grado- Visita al Memoriale della Shoa di Milano, per non dimenticare
Martedì 5 febbraio noi della classe 3B ci siamo recati alla stazione centrale di Milano per visitare il Memoriale della Shoa, termine che in ebraico significa “catastrofe” e che viene usato per ricordare il genocidio degli ebrei avvenuto per mano dei nazisti.
All’ingresso ci ha accolto il Muro dell’Indifferenza, ovvero un muro con incisa sopra questa parola, voluto dalla senatrice Liliana Segre, una sopravvissuta ad Auschwitz.
Questa parola ricorda il motivo per il quale è accaduta questa catastrofe. Dal 1938, anno dell’approvazione delle Leggi Razziali in Italia, questo termine è stato protagonista nella vita degli ebrei, che sono stati in larga parte abbandonati dal popolo italiano, che si è girato dall’altra parte mentre questo popolo veniva umiliato e perseguitato. Ci sono state però anche persone, come il campione Bartali, che hanno dato il loro contributo per salvare il maggior numero di vite possibile. La nostra guida ci ha portato a visitare i vagoni di un treno che probabilmente è stato usato per la deportazione di ebrei italiani nel campo di sterminio di Auschwitz. Ciò che più ci ha colpito è stato il fatto che in precedenza questi vagoni fossero usati per trasportare bestiame. In ognuno di essi erano trasportate dalle sessanta alle ottanta persone, non c’erano finestrini, ma solo delle feritoie, non c’era un bagno, ma solo un secchio, e i prigionieri avevano cibo e acqua limitati, per un viaggio che durava circa sette giorni.
Successivamente, dopo essere stati riempiti, i vagoni venivano caricati su un elevatore che li portava ad un binario isolato della stazione, il binario 21, da cui partivano diretti ai campi di concentramento.
Dopo questa visita abbiamo avuto modo di riflettere su varie cose: sull’assurdità di questi fatti e su come venissero trattate queste persone.
Abbiamo capito che l’indifferenza non ha fatto danni solo in quel periodo, ma può continuare a farne, come ci ha ricordato la nostra guida; anche nel nostro piccolo, a scuola, ad esempio, un ragazzo può venire isolato e gli altri si potrebbero girare dall’altra parte.
Un’altra cosa che ci ha stupito è come venissero trattati gli ebrei, cioè come pezzi, merci, tanto che venivano chiamati con un numero; la loro vita perdeva valore, ormai erano cose dentro i campi di sterminio. Quando nel 1943 iniziarono dall’Italia le deportazioni, gli ebrei erano convinti che sarebbero tornati a casa, quindi si prepararono delle valigie per salire sui treni, ma non sarebbero servite. Al memoriale c’è un muro formato da alcune di queste valigie, proprio per farci capire anche come le persone non avessero capito la loro vera sorte.
Dopo questa esperienza abbiamo compreso che dobbiamo “ricordarci di ricordare”, per non permettere che ciò che è successo circa ottanta anni fa accada ancora.
Caterina Cacopardi, Pietro Muscetti, Lorenzo Racanati