Tende di Natale: gli incontri dei ragazzi delle medie con AVSI
Per preparare la campagna “Tende di Natale 2022” che si svolgerà sabato 17 dicembre dopo la Sacra Rappresentazione natalizia per le strade del quartiere, i ragazzi della Scuola Secondaria di I grado hanno incontrato due rappresentanti di AVSI – Associazione Volontari per il Servizio Internazionale, Onlus attiva in 39 Paesi del mondo.
I progetti di AVSI in Libano
Nel primo incontro i ragazzi hanno conosciuto Jihane Rahal, che da dieci anni lavora per AVSI in Libano, Paese ricco e sviluppato fino agli anni ’60 – ’70, poi colpito da una lunga guerra civile fino alla grave la crisi economica e finanziaria del 2019.
Attiva in Libano già dal 1996, AVSI sta affrontando così due grandi problemi: i problemi della comunità libanese, provata dall’inflazione, dal conseguente blocco dei conti bancari e dalla mancanza di misure igieniche e di luce e corrente; ma anche il problema dei profughi siriani, che, fuggiti dalla guerra nel proprio paese in quasi 2 milioni (su 5 milioni di abitanti), sono impossibilitati da ordini governativi a iniziare a costruire case e a mettere radici.
Il governo non è in grado di gestire la situazione di un eventuale mescolamento tra la comunità siriana e libanese; persino nelle scuole, che dovrebbero essere un diritto di ognuno, vige questa divisione.
Per questo il settore di cui da sempre AVSI si è occupata è quello dell’educazione. Lo scopo primario di AVSI è infatti fornire un aiuto in modo che le persone possano, un giorno, tornare ad essere autosufficienti grazie a piccole attività fonte di reddito indipendente. Il contrario di quell’assistenzialismo prolungato che molte altre ONG pongono al centro del loro progetto.
Alcuni dei progetti messi in atto da AVSI sono i cosiddetti Orti AVSI, terreni in disuso resi nuovamente fertili dai disoccupati, che quindi trovano un lavoro sotto la guida di alcuni esperti dell’associazione: una fonte di reddito temporanea per ottenere un raccolto che sarà devoluto alle famiglie più povere e con più difficoltà. Un’altra iniziativa è quella di investire sul pane e le uova, alternativa alla carne scarseggiante, per esempio fornendo più galline in cambio dei prodotti finali da dare ai bisognosi.
Jihane ha raccontato poi che in Libano gli studenti, per motivi economici o perché vogliono sentirsi utili e guadagnare qualcosa, lasciano gli studi prima di terminarli. Per questo AVSI ha organizzato dei corsi per aiutare i ragazzi a entrare nel mondo del lavoro. Alcune ragazze sono anche riuscite ad aprire il loro business, vendendo prodotti fatti da loro. In questo modo i ragazzi sono aiutati a capire il motivo per cui si vive, per poi riuscire ad auto gestirsi e a comprendere cosa voler fare della propria vita.
Libano, un paese desideroso
Jihane ha fatto capire che il lavoro, per coloro che non hanno altro, è un modo di esprimersi, di prendere in mano la propria vita e farne un capolavoro, un qualcosa di grande.
L’avvio del progetto Orti AVSI ha avuto infatti un grande successo: sono stati talmente tanti i ragazzi e gli adulti che desideravano lavorare per trovare il senso della vita e fare qualcosa di bello insieme agli altri, che è stato necessario organizzare dei turni!
“La voglia di lavorare delle persone che non ne hanno la possibilità mi ha fatto riflettere sul fatto che noi, che invece abbiamo tutte le comodità, spesso ci lamentiamo del nostro lavoro, di una giornata troppo stancante, dei troppi compiti…Quando pensiamo a ciò, dobbiamo, però, sempre avere in mente che c’è gente che darebbe tutto anche solo per vivere una giornata di lavoro, e per questo dobbiamo lavorare un po’ anche per loro, senza lamentarci ed essendo molto grati di ciò che abbiamo”. (Caterina Alberto, 3B)
“Come mai in questo periodo di crisi economica a cui si aggiunge anche la presenza del covid e del colera non torni in Italia?” – hanno chiesto i nostri ragazzi a Jihane.
E’ proprio nei momenti difficili cioè adesso – ci ha risposto – che c’è bisogno di aiuto in Libano, e lei vuole aiutare anche concretamente le persone in difficoltà a ripartire e a ricostruire ciò che è stato distrutto dalle malattie e dalla crisi economica. Ed è disposta a fare sacrifici per aiutare questi esseri umani meno fortunati di noi, ma che in fondo hanno il nostro stesso cuore.
E allora che cosa di concreto possiamo fare noi? Ad esempio adottare il metodo del sostegno a distanza, che ad oggi in Libano sostiene oltre 1200 bambini. “La carità non verrà mai meno” (San Paolo, Prima lettera ai Corinzi).
Uganda: una scuola di speranza
Nel secondo incontro i ragazzi hanno conosciuto Andrea Nembrini, da sei anni preside di una scuola in Uganda, la Luigi Giussani High School di Kampala.
Nembrini ha innanzitutto raccontato ai ragazzi alcune cose sull’Uganda: un paese bellissimo, che gli Inglesi chiamavano “perla dell’Africa”, ma anche uno Stato in via di sviluppo, che ha iniziato ad usare l’alfabeto solo 150 anni fa, e dove le persone, anche gli insegnanti, credono alla magia, e dove le case sono grandi poco più di 4 metri per 4 e ci abitano 7 o 8 persone. Il lavoro più comune in Uganda è quello degli spacca-pietre: con questo lavoro le persone guadagnano 1 euro al giorno, con cui le famiglie riescono a vivere, seppur nella povertà assoluta.
In Uganda numerose e molto sanguinose sono state le guerre, ma scarso è stato l’eco che hanno provocato. Durante le guerre, si praticava il cannibalismo e i ragazzi, fin dagli 11 anni, erano costretti a combattere, ad imparare ad usare il fucile, ad uccidere i nemici, conoscendo la violenza fin da bambini, modalità con cui erano costretti a diventare violenti a loro volta. In alcuni casi venivano anche drogati, per poter compiere gli ordini che gli venivano imposti.
I sopravvissuti a queste atrocità portano ancora segni esteriori o interiori di queste guerre; molti di loro sono i genitori degli alunni di Andrea, che si pentono e rattristano per i gesti compiuti. In Uganda la violenza è quotidiana; i ragazzi in alcune scuole, se non studiano adeguatamente, vengono picchiati dai professori: alcuni sono persino morti per le troppe bastonate ricevute. La violenza è spesso presente anche in famiglia: in alcune famiglie i padri hanno problemi di alcolismo, così, quando tornano la sera ubriachi, maltrattano i figli e la moglie. Inoltre, molti ragazzi non hanno genitori e sono orfani o abbandonati. In Uganda le condizioni igieniche sono terribili; ci sono moltissime malattie gravi, come l’AIDS, l’ebola, la malaria e il tifo che causano numerosi morti.
La storia di Rose e il Meeting Point International
La Luigi Giussani High School nasce da una storia bellissima, la storia di Rose.
Rose è un’infermiera ugandese che ha dedicato la propria vita a curare le donne malate di Aids, spesso abbandonate al loro destino. Dopo essersi accorta che le donne malate non utilizzavano le medicine che lei dava loro gratuitamente, grazie all’intuizione di don Giussani, un prete suo amico, capisce che quelle donne malate, non capendo più che senso avesse vivere, preferivano morire. Rose decide allora di mettersi all’opera: incontra personalmente le donne e parla con loro; gioca con i loro bambini e non smette di ripetergli la frase che Don Giussani le aveva detto: “Il tuo valore è infinito”. Grazie a questi gesti, le donne malate iniziano a curarsi e così possono sopravvivere.
Fondano anche un club, il Meeting Point International, dove si ritrovano, ballano e cantano per ore. Iniziano anche a lavorare e con i soldi guadagnati discutono su come spenderli e decidono con Rose di costruire una scuola dove i figli possano essere amati, così come lo erano state loro. Questa notizia si diffonde nel mondo e grazie ad AVSI, che contribuisce alla raccolta fondi, possono terminare la costruzione della scuola. Quella scuola è proprio quella in cui insegna Andrea. La scuola è dedicata a don Giussani, colui che aveva veramente amato queste donne in difficoltà.
“Mi ha colpito molto l’argomento dei bambini soldato perché ho pensato che per i superstiti quella esperienza è un segno che rimane nel cuore e che poi crescendo può ricadere su tutte le relazioni”. (Giovanni Zagra, 1B)
Con il contributo di Caterina Alberto, Luigi Cafferini, Giovanni Zagra, Niccolò Gallizioli